Cure mediche del figlio: in caso di contrasto tra i genitori si preferisce la medicina tradizionale all’omeopatia
Tribunale, Roma, sez. I, ordinanza 16/02/2017
In caso di contrasto tra genitori in merito alle cure mediche da somministrare al figlio minore, prevale il genitore che predilige la medicina tradizionale prescritta dall’ospedale rispetto a quello che intende sottoporre la figlia a cure omeopatiche. Inoltre, qualora i conflitti tra i genitori permangano, l’Autorità giudiziaria può senz’altro intervenire affinché siano adottate le misure preordinate a tutelare il «diritto alla salute» dell’incapace.
Il caso concreto
Il Tribunale di Roma si è occupato del conflitto tra due genitori, in merito alla otite (si tratta di un’infiammazione del condotto uditivo esterno) della figlia minore, degenerata poi in ipoacusia (si tratta dell’indebolimento dell’apparato uditivo), patologie riscontrate a seguito di accertamenti effettuati presso una struttura ospedaliera e, per curare le quali, i medici avevano prescritto taluni trattamenti e controlli.
I genitori non erano però d’accordo circa la natura dei trattamenti: il padre voleva sottoporre la figlia a cure di medicina tradizionale prescritte dall’ospedale; la madre invece preferiva ricorrere a metodi omeopatici, su indicazione di un medico pediatra privato.
Per avere una situazione più completa e dettagliata del quadro clinico della bambina, era stata disposta una C.T.U. ed il professionista aveva suggerito all’Autorità giudiziaria di nominare un tutore, terzo imparziale, a fronte della rigidità dei genitori, incapaci di collaborare e in grado di sottoporre la figlia a cure differenti e non coordinate, potenzialmente pericolose per la salute della minore. Peraltro, era emerso che la piccola non fosse stata nemmeno vaccinata, cosicché era divenuto essenziale l’intervento dell’Autorità giudiziaria al fine di adottare i provvedimenti sanitari più idonei.
Il giudice, valutato il caso concreto e constatati gli effetti negativi che si potevano ripercuotere sulla minore a causa del conflitto tra i genitori, aveva disposto che la piccola fosse sottoposta immediatamente alle cure di medicina tradizionale prescritte dall’ospedale, nonché, pur gravando su entrambi i genitori l’obbligo di rivolgersi alla struttura sanitaria per proseguire le cure, aveva autorizzato il genitore più diligente a prenotare le visite in regime di intramoenia, recandosi agli appuntamenti anche in assenza dell’altro, con suddivisione delle spese in parti uguali; in caso di disaccordo, inoltre, aveva autorizzato uno solo dei due a sottoscrivere i necessari consensi per sottoporre la minore ad accertamenti o a cure disposte dai sanitari dell’ospedale pediatrico presso il quale era stata visitata.
In merito alla mancata vaccinazione, l’Autorità giudiziaria aveva inoltre disposto fossero seguite le indicazioni del pediatra presso il Servizio Sanitario Nazionale, autorizzando il genitore più diligente a condurre la minore nelle strutture specializzate per eseguire le vaccinazioni indicate dal medico e per sottoscrivere i relativi consensi, anche in assenza del consenso dell’altro genitore, con onere di comunicazione di quanto effettuato.
In ipotesi di rifiuto di un genitore di recarsi alle visite fissate presso l’ospedale pediatrico o presso il pediatra di base, il giudice aveva previsto che la minore potesse essere accompagnata anche solo da uno dei genitori, con espressa ammonizione, a carico della madre, di far seguire le cure indicate dall’ospedale e quelle disposte dal pediatra del SSN disponendo, in mancanza, l’adozione dei provvedimenti previsti nell’articolo 709 ter cpc.
Il diritto alla salute e la tutela dei minori – art. 32 Cost.
Il «diritto alla salute» e ad ottenere cure mediche trae fonte nell’art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana e rappresenta un diritto di qualunque individuo, indipendentemente dall’età e dalle condizioni personali (Cass. 18 giugno 2012, n. 9969).
Con l’espressione «diritto alla salute» ci si riferisce al diritto del singolo di trovarsi in una situazione di complessivo benessere fisico e psichico (e non già al solo diritto di ottenere cure in caso di malattia) cosicché, esso intende salvaguardare plurime ed eterogenee situazioni, i cui confini non possono essere determinati in modo preciso e definito.
Il «diritto alla salute» rientra entro il perimetro del c.d. «diritti inviolabili», primari ed assoluti dell’individuo (art. 2 Cost.) e rappresenta espressione del principio di dignità umana e di uguaglianza posto nell’art. 3 Cost. nell’interesse, non solo del singolo, ma anche della collettività, ad evitare la diffusione di epidemie e di malattie contagiose.
E il Servizio Sanitario Nazionale rappresenta il mezzo mediante il quale vengono concretamente formate le condizioni affinché possano essere garantiti ad ogni persona i trattamenti sanitari necessari per la tutela della salute (Corte Cost. 20 novembre 2000, n. 509), quale fondamentale bene unitario della persona, la cui effettiva tutela dipende in concreto dai mezzi e dalle risorse messi a disposizione dallo Stato, dalle Regioni e da altri soggetti che operano in questo settore.
La tutela dei minori
Come osservato, il «diritto alla salute» rappresenta un diritto inviolabile di fonte costituzionale (art. 32 Cost.), preordinato a garantire protezione non solo all’individuo, bensì, anche alla collettività ed esso spetta a chiunque, a prescindere dalle condizioni personali e dall’età dell’individuo (Cass. 16 ottobre 2009, n. 22080). Ne consegue che spetta anche ai «minori», i cui interessi, a maggior ragione, devono essere garantiti in considerazione della loro vulnerabilità e debolezza: gli articoli 2 e 3 della Costituzione, infatti, pongono il minore sullo stesso piano rispetto a qualunque altro individuo.
La Convenzione ONU sui “Diritti dell’Infanzia”, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 35 dell’11 giugno 1991), all’art. 24, prevede che gli Stati aderenti debbano riconoscere «il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione», nonché, debbano garantire «che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi», nell’ottica di assicurare «a tutti i minori l’assistenza medica e le cure sanitarie necessarie, con particolare attenzione per lo sviluppo delle cure sanitarie primarie».
Tra le cure che il minore ha diritto di ottenere rientrano senz’altro le vaccinazioni: la Corte Costituzione (17 marzo 1992, n. 132) ha chiarito che la vaccinazione rappresenta un obbligo che trae fonte proprio nell’articolo 32 della Costituzione e la prestazione deve essere somministrata al minore in via coattiva, qualora i genitori si rifiutino di sottoporre il figlio a tale cura (App. Bari 12 febbraio 2003; App. Bari 6 febbraio 2002; App. Torino 3 ottobre 1992).
La somministrazione dei trattamenti sanitari può infatti essere disposta dall’Autorità giudiziaria (Cost., 24 gennaio 1991, n. 26), cui si possono rivolgere gli operatori sanitari nell’ipotesi in cui il genitore neghi il proprio consenso ad attività diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali con grave pregiudizio per la salute del minore. Ciò è possibile siccome, quando la legge impone un trattamento sanitario, lo fa, non solo per tutelare (migliorare o preservare) lo stato di salute di colui che si sottopone alla cura, bensì, anche per preservare gli altri, tenuto conto che, come osservato, l’interesse alla salute ha valenza collettiva (Cost. 22 giugno 1990, n. 307).
La responsabilità genitoriale e il diritto alla salute del minore
Particolarmente rilevante è la questione della «responsabilità genitoriale» correlata al diritto del minore alla salute, vale a dire quale sia la discrezionalità dei genitori relativamente alle cure mediche da somministrare al figlio incapace.
Ebbene, il potere di autorizzare trattamenti sanitari nei confronti dei figli minori viene collocato entro il perimetro dell’articolo 30 della Costituzione, secondo cui è «diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli», da intendersi come attività indirizzate al soddisfacimento degli interessi della prole. Ove però il diritto-dovere dei genitori non venga esercitato nell’interesse del minore o, come nel caso affrontato dal Tribunale capitolino, qualora sorga contrasto tra i titolari della «responsabilità genitoriale» (nel caso di specie circa i trattamenti sanitari da somministrare al figlio incapace), è senz’altro possibile l’intervento dell’Autorità giudiziaria la quale, valutate le circostanze concrete, può adottare provvedimenti in merito e, eventualmente, autorizzare anche uno solo dei genitori ad adottare scelte autonomamente dall’altro genitore, ove ciò soddisfi il primario interesse del figlio minore (Cost. 27 marzo 1992, n. 132).
FONTE: Altalex